Videoclip in Italia: il punto di vista dei discografici Quale futuro per la video-musica in Italia? Se lo chiedono, dopo
l’annunciato passaggio di MTV sulle frequenze di TMC2 e l’imminente ingresso
del canale tedesco Viva, anche major discografiche, etichette indipendenti e
manager musicali, abituati da tempo a fare i conti con una realtà di mercato
che, nel bene e nel male, appariva consolidata e che ora rischia di aprire
nuovi, non sempre positivi orizzonti. Dubbi e speranze sembrano equamente
distribuiti, tra chi “lavora” i videoclip alla stregua di strumento
promozionale destinato, possibilmente, ad accrescere la popolarità e il
successo di un artista o di una canzone. E, curiosamente, i più preoccupati
dalla prossima chiusura di TMC2 sembrano essere gli uomini delle major:
“Premetto che mi fa piacere sapere che MTV non sarà costretta a rifugiarsi di
nuovo sul satellite”, dice Enrico Leonardelli, responsabile promozione della
Universal. “Sarebbe stato un peccato, perché è un’emittente che ha saputo
imporre un suo stile e nuovi standard al linguaggio televisivo italiano. Allo
stesso tempo, però, sono preoccupato: MTV è un’emittente molto selettiva
nella programmazione, e TMC2 rappresentava uno sbocco prezioso per la produzione
nazionale di clip. Da parte mia, mi auguro anche che le professionalità che si
erano sviluppate all’interno dell’emittente non vadano disperse”.
Meno timori sembra nutrire Alessandro Massara, general manager di
un’etichetta, la V2, che vanta nel suo roster una serie di artisti
“alternativi” come Super B, Shandon e Giuliano Palma: “Personalmente, non
mi posso certo lamentare del trattamento riservatoci da MTV, visto che da due
anni siamo presenti nel cartellone del Brand New Tour (rassegna live dedicata ad
artisti emergenti, ndr). Mi spiace per TMC2 e per le persone che ci lavorano, ma
francamente credo che un confronto diretto tra Viva e MTV andrà a tutto
vantaggio della qualità del prodotto televisivo e musicale. MTV aveva comunque
bisogno di uno stimolo competitivo più forte per non adagiarsi su quelle che a
volte, da qualche tempo a questa parte, sono apparse scelte piuttosto
conservatrici”.
Nessun pericolo in vista, dunque, per la musica italiana estranea alla logica
dei grandi numeri? “La situazione è quella che è, con o senza TMC2”,
secondo Marco Conforti, responsabile di Casi Umani, agenzia di promozione e
management che cura, a vario titolo, gli interessi di artisti come Neffa,
Sottotono e Casino Royale; “il fatto è che, anche nel settore del video
musicale, scontiamo una serie di ritardi atavici e di anomalie. E’ singolare,
per esempio, che MTV si appiattisca sulle classifiche del Music Control, che la
programmazione video finisca per inseguire quasi pedissequamente l’airplay. Il
problema, paradossalmente, è proprio legato al fatto che qui MTV trasmette via
etere e non sul satellite: questo vuol dire misurarsi necessariamente con
l’audience e con la pubblicità, e di conseguenza dover appiattire
l’offerta. D’altra parte non mi pare proprio che TMC2, a sua volta, facesse
molto più che ricalcare le scelte di MTV, disponendo di budget inferiori e
quindi producendo in fin dei conti risultati ancora peggiori. La verità è che,
così come stanno le cose, per la musica indipendente la televisione conta poco
o niente. Vale molto di più l’attività live, il sostegno delle riviste
specializzate, quando possibile quello delle radio. E oggi, sempre di più, la
possibilità di comunicare attraverso il Web”.
Cosa accadrà con l’ingresso di Viva è presto per dirlo, secondo gli
operatori, anche perché alcune voci raccolte nell’ambiente sembrano
suffragare la tesi secondo cui il canale tedesco sarebbe orientato a un ingresso
“morbido”, graduale sul mercato: “Vedremo”, dice Massara. “Quello che
sappiamo per certo è che in Germania Viva garantisce un contributo sostanziale
alla vendita dei dischi, e questo è un precedente di buon auspicio”. Per
Leonardelli, la partita non è comunque destinata a giocarsi tra due soli
contendenti. “Ci sono già oggi alcuni canali satellitari consolidati, e
destinati a crescere sensibilmente con la diffusione delle parabole. E c’è lo
sviluppo della TV digitale, che metterà a disposizione una molteplicità di
canali tematici: questo mi fa sperare che gli sbocchi non mancheranno, anche per
la produzione meno mainstream”. Mentre, secondo Conforti, “un vero passo
avanti verso una TV musicale pluralista lo si farà solo quando le emittenti
saranno in grado di esprimere contenuti editoriali forti e personali, che non
siano omologati esclusivamente sulle proposte più commerciali”. Conforti
sottolinea anche un altro problema: la qualità delle produzioni, strettamente
legato a quello degli spazi che la musica italiana potrà ritagliarsi in TV.
“In un mercato sempre più concorrenziale siamo destinati a perdere. Va bene
la creatività, ma come si fa a competere quando negli Stati Uniti si spendono
non meno di 200.000 dollari per il video di un gruppo di media popolarità che
in Italia deve accontentarsi di un budget di 50 milioni? Le differenze si
vedono, eccome”.
Sarà anche per questo che l’industria musicale (tramite l’associazione di
categoria FIMI) ha richiesto al Parlamento italiano di includere la produzione
di videoclip tra i settori industriali che hanno accesso al credito
cinematografico: anche secondo il direttore generale dell’associazione, Enzo
Mazza, “i canali tematici sono destinati a moltiplicare le possibilità di
diffusione di quelle che sono opere audiovisive a pieno titolo”. Nulla è
perduto, dunque per il videoclip made in Italy? Forse. Ma è innegabile che TV
digitale e pay-TV a tema sono di là da venire, e passerà del tempo prima che
inneschino consumi significativi. Mentre la travagliatissima legge sulla musica,
che dovrebbe contenere le nuove disposizioni a sostegno del videoclip, rischia
come si sa di finire un’altra volta in fondo al cassetto, schiacciata dal peso
dell’attualità politica e delle prossime elezioni.
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